Gli occhiali del lutto

Da quando mi hanno confermato che Elia era morta ho pianto, tantissimo e quasi costantemente, per molti giorni.
Non occorreva che qualcosa mi riportasse alla mente che mia figlia non c'era più, le lacrime uscivano da sole e mi dovevo sforzare per trattenerle.




La vita comunque andava avanti: c'erano una famiglia e una casa che avevano bisogno di me.
Così sono andata in un negozietto nel centro commerciale della mia zona e ho comprato un paio di occhiali da sole.
Li ho scelti grandi e neri: due televisori d'altri tempi, che mi coprivano dalle sopraccigia agli zigomi.
Mio marito ha commentato che erano terribili... ma facevano al caso mio: dietro quegli occhi artificiali da moscone troppo cresciuto, potevo fare la spesa e piangere, guidare e piangere, restare ferma al semaforo e piangere, aprire al postino e piangere, passare l'aspirapolvere e piangere...
Erano il luogo della mia libertà di provare dolore.
Finchè li ho riposti in una bustina all'interno della borsa. Li portavo con me per sicurezza, ma la mia giornata trascorreva con periodi di sufficiente contenimento da poterne fare a meno.
Poi è morta Noah e ho inforcato nuovamente quegli occhiali.
Mio marito mi ha guardato e a mezza voce, con un tenero sorriso ha commentato: "Hai riesumato gli occhiali del lutto..."

Piangere è normale.
Piangere tanto è normale.
Piangere senza una ragione apparente è normale.
Poi le lacrime finiscono e bisogna prestare attenzione a ciò che viene dopo...

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