Mio marito ed io abbiamo perso due figlie: Elia e Noah.
Elia è morta alla 17esima settimana, ma ce ne siamo accorti alla 21esima, durante l'ecografia morfologica.
Noah è morta alla 15esima settimana, ma ce ne siamo accorti all'ecografia di controllo eseguita nella 17esima.
Io lo sapevo già entrambe le volte prima dei controlli.
Probabilmente me lo hanno detto gli ormoni (questo suppone la scienza), oppure c'è davvero un legame intenso fra madre e figlio.
Ho partorito Elia a febbraio (2011) e Noah in agosto (2011).
La scienza preferisce definire i miei parti come "espulsioni", le nostre perdite come MEF ("morte fetale endouterina").
Noi abbiamo avuto due figlie, che hanno una tomba, un epitaffio, una scatola dei ricordi e un tratto di vita trascorso con noi.
Come mi disse un giorno la mia maestra: "Queste sono creature... che prima c'erano, poi non ci sono state più".
Bisogna fare i conti con la morte, la rabbia, la solitudine, il silenzio....
E' un percorso lungo e faticoso, c'è dolore, molto dolore.
Bisogna sopportare il dolore, convivere con l'assenza, gestire la rabbia e giungere ad accettare le cose che non possiamo cambiare, trovando il modo di continuare a vivere pienamente.
Molto spesso capita di avere bisogno di fare qualcosa, per esempio scrivere un libro, fondare un'associazione, dedicarsi agli altri colpiti da questo tipo di lutto, per dare senso al proprio lutto, al proprio dolore. Capita di sentire in qualche modo ancora vivi i figli morti.
Io ho pubblicato un libro, aperto un blog e sono disponibile ad accogliere la sofferenza altrui, per me.
Lo faccio per me: è di me che parlo, sopravvissuta alla morte di due figlie.
Il mio messaggio è:
"Ci si può convivere, possiamo portare con noi questi figli senza rabbia, accettando le cose che non possiamo cambiare, riuscendo a sentirci ancora appagati, sereni e in pace con noi stessi".
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