Le mie figlie non sono angeli

Il primo luogo in cui sono andata dopo la perdita di Elia è stato la rete.
Ho cercato tanto le risposte che non trovavo, ho cercato le parole che non riuscivo a pronunciare, ho cercato le informazioni che non avevo e che nessuno mi sapeva dare.
Ho trovato molte cose utili che posterò un poco alla volta, ma una visione precisa dell'aborto mi ha fortemente allontanato da quelle fonti di aiuto: considerare i figli persi degli angeli.
Riconosco che c'è bisogno di dare un senso alla perdita e riconosco che sia davvero molto gratificante considerare il proprio figlio morto un angelo, che ci ha scelto per donarci il suo passaggio, seppur breve, perché siamo fra le poche capaci di sopportare un tale dolore, quindi "graziate" da un'esperienza che ci renderà migliori.

E' come dirsi che la morte del proprio figlio vale qualcosa di inestimabile: vale che oggi sono meglio di ieri, grazie a lui.
Per me è inaccettabile, anzi, mi innervosisce terribilmente.
Non è mia intenzione aprire un dibattito religioso e riassumo il concetto in poche parole: le mie figlie non sono angeli, io non sono migliore di prima e non sono grata del loro passaggio. 
Le mie figlie sono morte perchè nella vita si muore: sempre.
C'è chi muore prima, c'è chi muore dopo.
Perchè sono morte?
Perchè erano in vita...
Perchè così presto?
Elia perchè aveva il cordone ombelicale troppo lungo e si è arrotolato su se stesso come uno straccio bagnato, Noah non si è capito... ma d'altra parte non si hanno sempre tutte le risposte.
E a volte bisogna smettere di fare domande.
Oggi io non sono migliore di prima, ma sono sicuramente diversa.
Ho dovuto trovare e usare risorse che non sapevo di avere per accettare ciò che è accaduto. Non sarei delusa se fossi rimasta nell'ignoranza e le mie risorse fossero ancora nascoste.
Non sono grata del loro passaggio: avrei preferito non averle, per non doverle sentire morire.

Ma io posso solo accettare le cose che non posso cambiare.

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