La gravidanza è un periodo cadenzato da esami e verifiche.
Ho sempre avuto la percezione che ogni esame effettuato con esito favorevole, desse la certezza di vedere concludersi questo periodo con la nascita del mio bambino sano.
In verità, superate le 12 settimane di gravidanza, non ho mai davvero considerato che avrei potuto perdere mio figlio. A casa mia raggiungere la 12esima settimana significava poter annunciare, a tutti senza più dubbi, l'arrivo di nostro figlio.
Ma ho appreso sulla mia pelle che non è così.
Quindi ho cominciato a domandarmi quale sia la reale utilità di tutti gli esami ai quali ci sottopongono.
Già a partire dal dosaggio delle Beta Hcg: a che serve sapere se crescono, visto che possono arrestarsi in qualunque momento?
Tanto più che avrò i risultati alcuni giorni dopo avere eseguito l'esame, quindi posso solo sapere che alcuni giorni prima l'ormone della gravidanza era o meno presente nel mio sangue, in quantità più o meno 'normali'.
Quando è giunta Elia ho eseguito la rilevazione delle Beta, che mi decretava 'incinta', ma dal rilievo ecografico lei non risultava cresciuta quanto ci si aspettasse, dunque la mia ginecologa mi avvisò che eravamo in un 'aborto in atto'. Ho aspettato di perderla. Ma non l'ho persa.
Lei è cresciuta. Bene. Nella norma. Finché è morta, ben oltre la 12esima settimana.
...nelle gravidanze successive non ho mai più eseguito il prelievo per le Beta-Hcg...
Un altro importante esame della gravidanza è il bi-test.
Per Elia era la terza volta che eseguivo un bi-test, nonostante mi ripromettessi ogni volta di rifiutarmi di eseguire un esame volto unicamente a stimare le probabilità di qualcosa....
Che senso ha sapere quante probabilità ho di avere o meno un figlio affetto 'forse' da trisomia 21, 18 o che altro?
E poi quali sono le probabilità?
85% di probabilità di riscontrare un problema, col 5% di probabilità di falsi positivi.
Dicono che siano buone percentuali, quindi che valga la pena di affidarsi a questo esame...
Ma se dovessi finire fra quelli che hanno alte probabilità di avere un figlio malato, cosa dovrei fare?
Quindi dovrei attendere fino alla 15°-18° settimana, farmi infilare un ago nella pancia per prelevare un po' di liquido amniotico che sarà analizzato. Potranno dirmi se mio figlio è affetto da alcune malattie congenite, tenendo ben presente che c'è sempre una, seppur minima, probabilità di esito errato. Tutto ciò comporta l'1% di probabilità di aborto.
E poi? Se anche dovessero decretare (senza sbagliare) che mio figlio è affetto da una malattia genetica fra quelle che vanno a cercare con l'amniocentesi, se mio figlio non è morto in seguito all'esame, io che posso fare?
Prepararmi ai problemi che avrà mio figlio o interrompere la gravidanza.
A quel punto sarei almeno di 20 settimane.
Io non ho mai voluto avere la responsabilità di scegliere.
Non perché sia una che prende ciò che viene ed è già felice così, ma perché io posso solo provare a dare la vita.
Ci vuole coraggio, fegato e qualcosa che non so spiegare per prendere una decisione tanto difficile come interrompere una gravidanza.
Io ho sempre evitato di mettermi nella condizione di dover prendere questa decisione e ho deciso prima: non voglio sapere, perché non voglio dover decidere.
Un po' come le tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo.
Ogni mia gravidanza è giunta oltre il bi-test.
Anche quelle che all'inizio avevano un distacco della camera col rischio di morte da un giorno all'altro.
Nonostante non credessi all'esito del bi-test, l'ho sempre eseguito e ogni volta ha dato esito rassicurante. Eppure due di loro sono morte.
Nonostante tutto fosse 'statisticamente' nella norma.
Nonostante non ci fosse nulla di allarmante.
Allora che senso ha?
Il senso sta nel permettere alla scienza di riscontrare quel poco che può, sperando che sia curabile.
Il senso è fare ciò che la scienza decreta sia utile per sentirsi già una 'buona madre'.
Mi sono comportata come le tre scimmiette e mi è andata bene tre volte su cinque.
E quando mi è andata male, sarebbe finita così anche se non fossi stata come le tre scimmiette, perché la scienza non è in grado né di prevenire i nodi del cordone (non possono essere predetti...), né di capire ogni cosa (la maggior parte degli aborti spontanei non ha una ragione riscontrabile scientificamente).
Ad un certo punto ho pensato che verificare questo o quello fosse davvero poca cosa rispetto alla straordinaria quantità di variabili e di probabilità che avevamo di finire in una o un'altra statistica negativa.
Così per me ha avuto senso un solo esame: l'ecografia.
Essa poteva dirmi con certezza se mio figlio fosse ancora vivo. Poteva darmi una certezza che valeva per quell'istante, poi cadevo nuovamente nel mio buio.
Per questo motivo credo che il mio NUOVO bambino sia stato il più ecografato della storia!
Mi interessava solo il battito del suo cuore e solo ciò su cui la medicina sarebbe potuta intervenire per 'guarire', a tutto il resto ho lasciato che ci pensasse la natura. A volte impietosa, a volte benevola.
E' importante eseguire tutti gli esami prenatali indicati e soppesare quelli consigliati.
E' importante conoscere bene l'utilità di ogni esame, i suoi rischi e i benefici.
E' importante avere chiaro cosa si fa e perché, valutandone bene le conseguenze.
E' importante affidarsi ad un medico verso cui si nutre stima e grande fiducia.
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