Marte o Venere

Alla nascita di Elia ci avevano detto che era un maschio. Solo dopo averla seppellita ci hanno consegnato il referto che la decretava femmina. E noi abbiamo sepolto la nostra bambina con un nome da maschio.
Ho trascorso i 38 giorni dal parto alla ricezione del referto, dannandomi perché avevamo perso un figlio, e ancora di più, perché avevamo perso il maschietto che non avevamo e forse non avremmo più avuto.
Il contraccolpo nel recepire che non avevamo perso un maschio, ma una femmina, ha ristabilito il senso della perdita.
Non era meno grave perdere una figlia perché ne contavamo già due... Ma era grave quanto avere perso il maschio che non avevamo ancora avuto.
Per cercare di rendere sopportabile un dolore, io provo a immaginare cosa sarebbe anche peggio... cosa potrebbe rendere quella pena ancora più pesante.
Cosa sarebbe potuto essere peggio di seppellire un figlio che era una figlia?
Seppellirne due... 
Infatti il peggio è giunto, senza nemmeno farsi troppo attendere.
Quindi ho cominciato a camminare letteralmente sulle uova.
Qualunque cosa immaginassi portava con sé qualcos'altro di ben peggiore... Come si dice: "Al peggio non c'è fine!"
Sentivo forte il bisogno di scrollarmi di dosso l'idea di desiderare un figlio per supplire a quelle che non avevo più.
Così è diventato pericoloso soffermarsi sulle frasi banalissime della gente comune.
"Vi ci vorrebbe proprio un bel maschietto!"
"Un maschio è quello che vi manca!"
Veramente a noi mancavano due figlie femmine. Il maschio non l'avevamo mai avuto. Solo immaginato, per un po'.
Subito ho trovato il posto per una figlia NUOVA. 
Subito ha avuto il suo nome. La pensavo con quel nome, fra noi, nella nostra casa, nella nostra vita, a far parte della famiglia.
C'è chi preferisce non cercare un nome al figlio che arriva, per paura di dover rinunciare a qualcosa di più impegnativo, se quel figlio non giungerà.
Io so che i miei figli hanno un'identità già dal momento in cui sono solo un pensiero. 
Trovare loro un nome permette a me di calare la loro identità dentro la mia vita.
Una notte non riuscivo a prendere sonno per paura di non avere dato uno spazio equo anche ad un figlio maschio.
Non stavamo ancora cercando nessuno, ma non volevo desiderare qualcuno di diverso da chi sarebbe giunto.
Non volevo desiderare solo una femmina col rischio di finire per cercare di rimediare alle mie morti.
Nel cuore della notte sono andata in salotto, raggomitolata sulla poltrona, col libro dei nomi in mano.
Lo stesso libro che ho sfogliato e risfogliato, ogni volta che ho desiderato qualcuno dei miei figli. Un libro sgualcito, ingiallito dal tempo, evidenziato e sottolineato qua e là.
La mia maternità è nata su quel libro e su di esso sono impressi i segni della sua evoluzione.
Ho letto e riletto ogni nome maschile, più e più volte.
Ne volevo uno adatto a mio figlio.
Avevo deciso che non avrei più usato nomi biblici... Volevo ricominciare da una radice nuova come NUOVO era il figlio che volevamo.
Volevo un nome che scuotesse il mio cuore. Qualcosa di unico. Un nome che avrei rimpianto di non poter pronunciare, se si fosse trasformato in un'altra lastra di marmo. Un nome bello.
Dopo un paio d'ore l'ho trovato e sono andata a dormire serena. Ero pronta ad accogliere il NUOVO, che giungesse da Marte o da Venere.
Ho tenuto con me il pensiero di chi fosse il figlio che sarebbe arrivato, finché non è arrivato davvero.
Allora ho proposto a mio marito i nomi che per me rappresentavano il bambino nel mio grembo.
Non si è accontentato delle mie proposte: ha voluto valutare altro. Ha soppesato le diverse opzioni, per molto tempo... in realtà ha solo preso tempo.
Non voleva dare un'identità a chi c'era già con tutta la sua imponenza. Ho aspettato paziente.
Finché si è deciso e ha scelto lo stesso nome che avrei voluto io.
E' il nome con cui il mio cuore ha sentito e visto nostro figlio. Questo figlio. Quello giunto dopo il dolore, giunto grazie alla speranza, con grande fiducia e coraggio, nonostante la paura.
La combinazione di 'biglie' questa volta ha voluto farci avere un maschietto.
Provo un fastidio così profondo quando la gente lo guarda e compiaciuta mi dice che 'ci voleva proprio', 'sarà contento il papà', 'adesso siamo a posto'. Come se avessi scientemente continuato a sfornar figli solo per avere il maschio che ci mancava!
Generalmente commento solo che 'è vivo e sano', non avrei desiderato di più...
Poi mi chiedono come si chiama... e nessuno capisce alla prima.
I più strabuzzano gli occhi. Alcuni rimproverano la nostra scelta, altri si mangiano i commenti  più sinceri.
Non immaginano cosa ci sia dietro una scelta così.
Non immaginano quanto sia stato (e continua ad essere) soppesato ogni minuto, ogni secondo di vita di questo figlio.
Il nostro NUOVO bambino si chiama Tristano. Tristano Enea, per l'esattezza.
Contrariamente a quanto pensano tutti, Tristano non significa 'triste', ma 'impetuoso'. E' un nome antico, importante, incarna un valoroso lottatore, forte e determinato.
Ho sperato che lo fosse. Ho pregato che lo fosse. E lo è.
Lui c'è. Si sente. Esiste. E' nato vivo.
Io, che l'ho immaginato Tristano, che l'ho desiderato Tristano, che l'ho chiamato Tristano, non riesco a pronunciare il suo nome.
Lo guardo e non ci credo.
Oggi ha sei mesi, dovrei essermi abituata a lui, non fosse che per le innumerevoli notti insonni, per le giornate scandite dalla sua presenza, dal suo richiamo, dal suo bisogno di me.
Eppure ogni giorno sono grata e stupita del fatto che ci sia, davvero.
E devo ancora concedermi il lusso di ammettere che lui è proprio lui... il mio Tristano. Lo stesso che desideravo giungesse fra noi.
Per i primi due mesi non l'ho proprio chiamato in nessun modo, poi mi sono concessa un inizio: lui è Try.
Mentre la gente si è abituata, non ha smesso di fare le solite battute sterili, ma ha accettato che il nostro piccolo si chiami Tristano e pronuncia quel nome  ben scandito: così io ho la prova che non sto sognando....

Etichette: , , , , , ,