Il sapore del dolore

"Mi sentivo come una principessa delle favole: tutto il mio progetto di vita si stava realizzando secondo il piano che avevo stabilito. Prima la laurea, poi la convivenza, infine un bel bambino. Un mondo fatto di sogni che si materializzano in un modo così semplice e scontato... Ora per me più nulla è scontato, il mondo in cui vivevo, fatto di ovatta e lieti fine non esiste più. Esiste un presente che non accetto ancora del tutto. Poi esco, cerco di concentrarmi su altro, ma il pensiero torna sempre lì e anche quando non ci pensi c'è qualcuno che te lo fa riaffiorare quel pensiero che non vorresti più avere: un pancione, una mamma che tiene per mano il suo bambino, un pianto che si sente dalla finestra di casa, una scritta, un nome, un vestitino, uno sguardo, un luogo,... ovunque, non posso essere serena da nessuna parte, ritorna il pensiero del mio bambino; persino un sito dal quale mi sono cancellata dopo averlo perso mi ha fatto i complimenti per essere giunta alla ventottesima settimana; mi ricorda che è da quattordici settimane che mi sento vuota dentro come non mai. Il vuoto dilaga e nonostante possa mascherarmi di mille facce e mille sorrisi, dentro sto cercando una ragione che mi spinga oltre questa morte perché ad essa non c'è rimedio, non posso più riavere ciò che non c'è più."

Leggendoti mi sono commossa. 
Ho sentito ancora quel vuoto, nel ventre, nel cuore. Niente aria nei polmoni.
Sono rimasta davanti alle tue parole e ho cercato di formulare qualche frase adatta... Non ho trovato nulla. 
Hai ragione. E' proprio come dici: non c'è rimedio. E non ci sono parole capaci di trovarne uno.
Sono stata anche io in quel vuoto. Per un po'. Non so quantificare. 
Poi è scattato qualcosa. Non so cosa.
Sono certa che sia dipeso dalla mia volontà.
La precisa volontà di non restare nel vuoto.
I più pensavano che io avessi due valide ragioni che avrebbero dovuto spingermi oltre le mie morti: le figlie vive.
Ma non sono state loro. Non potevano essere loro perché avrebbe voluto dire che le figlie vive contavano più di quelle morte... ma i miei figli sono tutti uguali.
Per la stessa ragione le mie figlie morte non potevano togliermi il piacere di vivere, perché non potevano incidere più di quelle vive...
Così, inaspettatamente, la buona ragione sono stata io. Semplicemente io.
Io non ho voluto perdermi. Certo ho vagato per un po'... anche pericolosamente.
Per un certo periodo sono stata molto arrabbiata perché mi sono sentita privata delle mie figlie, senza una ragione, senza essermelo meritato. Le rivolevo indietro. Quante notti a straziarmi senza altro pensiero se non quello di riaverle con me, poi la realtà... Non si può... Alla morte non c'è rimedio.
Ho smesso di chiedere ciò che non poteva avere risposta.
Ho smesso di pretendere ciò che non potevo avere.
Ho smesso di guardare ciò di cui ero stata privata e mi sono concentrata su ciò di cui avevo potuto godere.
La morte può essere solo accettata.
Per quello che è.
A chi resta rimane ciò che è stato. Un tempo preziosissimo, diviso con chi si è amato.
Non volevo altro dolore oltre quello naturale giunto dalla morte delle mie figlie.
Io volevo vivere anche per quanto loro non avevano potuto.
Andare avanti, rialzarmi e scoprire che loro possono essere nei miei ricordi, nei miei pensieri, come un dolcissimo e preziosissimo cammeo della mia vita, mi riempie e mi gratifica.
Ti ringrazio, per le tue parole. Hanno descritto così bene quel momento di assenza.
Hanno saputo riportarmi lì, nel momento in cui le bambine che non ho sono state il centro del mio mondo. Loro sono state per lo più quel dolore. E curiosamente mi hai permesso di scoprire che oggi quel dolore ha un sapore molto dolce. Sa di loro. 
Andare avanti ha significato allontanarmi da quel dolore, quindi anche allontanarmi da loro. Fare sì che non fossero più il centro del mio mondo. 
Nonostante il tempo passi, faccia cose e continui a mettere cose sul mio passato sofferto, basta un attimo per ritrovare le figlie che non ho più. E nonostante significhi sentire ancora quel buco nel cuore, ne sono felice.

Grazie a mamma Elisa

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