Normalità

Da un po' di tempo medito sulla normalità: cos'è normale?


Normale: che segue la norma, conforme alla norma, quindi consueto, ordinario, regolare.
A ben rifletterci si definisce normale ciò che la maggior parte delle persone compie, pensa, ritiene sia corretto.
Normale è un termine che uniforma, rassicura, autorizza.
Ho scoperto che diventano normali gesti e pensieri apparentemente inconsueti, dal momento in cui si entra a far parte di categorie specifiche...
Così non è più normale partorire un figlio vivo, quando si scopre che è normale vedere fallita una gravidanza su due.... 
Ma diventa normale vivere nel bilico di un'attesa che non è detto giunga al termine come sperato.
E' importante riconoscersi normali, perché diversamente ci si sente estranei, diversi, addirittura malati.
Per potersi definire normali, occorre confrontarsi con gli altri. 
Gli altri sono il termine di paragone: ciò che pensano e fanno, ciò che accade o non accade loro, come reagiscono o non reagiscono.
Gli altri possono diventare un'enorme risorsa da cui attingere o la più pesante zavorra da trascinare.
Talvolta, per riuscire a sentirsi normali, occorre trovare chi ha vissuto esperienze simili.
Attraverso il confronto si può scoprire che alcune dinamiche, eccezionali se inserite in un contesto ordinario, risultano normali. 
Così, può nascere il bisogno di formare un gruppo di simili, al quale sentire di appartenere, nel quale riconoscersi e attraverso cui rafforzarsi per uscire all'esterno non più gravati dalla fastidiosa sensazione di essere diversi.
Il vantaggio del gruppo è costruire un'identità comune, ampia, abbastanza forte da offrire ad ogni suo componente l'energia per sostenere ciò che nel resto della società non appare come normale. 
Il rischio del gruppo è quello di non poterne più fare a meno per riconoscere se stessi.
L'obiettivo del gruppo dovrebbe essere quello di accompagnare ognuno al di fuori di esso, con abbastanza solidità da bastare a se stesso.
L'idea del gruppo mi ha sempre suscitato timore...
Il timore che il gruppo si alimenti di se stesso, perdendo il contatto con la realtà e, anziché aiutarmi a rafforzare la mia singola identità da portare autonomamente fuori da esso, mi ingoiasse facendo di me 'una del gruppo' che esiste solo se si riflette in esso.
Il mio obiettivo è quello di bastare a me stessa, senza bisogno di riconoscermi totalmente in altre identità collettive, tenendo ben presente che ciò che mi discosta dalla normalità, nella sua accezione più generale, è proprio la mia peculiarità. 
In breve, a volte, sentirmi definire anormale è addirittura un complimento!
La mia normalità si è arricchita di dettagli. 
Ho scoperto la malinconia, sentimento normalmente percepito dopo la perdita di un figlio, che si è trasformata via via da struggente e asfissiante, in un sentimento dolce legato al ricordo.
Convivo con la paura, perché nella mia vita è diventata normale la morte.
Come si accetta l'inaccettabile?
Io mi sono guardata intorno e ho scoperto che può essere addirittura normale.
La normalità è un concetto molto soggettivo, variabile, spesso sottoposto a deroghe e evidentemente difficile da giudicare.
Ciò a cui tendo, più che pretendere di rientrare nella normalità, è sentirmi in equilibrio. Sentirmi bene nei panni che porto, adatta alla vita che ho scelto.
E per restare in equilibrio a volte devo esulare dal normale, addirittura sfiorare l'incomprensibile, senza badare al giudizio altrui.

Abituarsi alla diversità dei normali è più difficile che abituarsi alla diversità dei diversi. 
(Giuseppe Pontiggia) 


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