Io ho avuto l'occasione di esprimere pienamente il senso che ha per me del 15 ottobre, il 23 settembre.
Un lunedì in cui era fissato l'incontro fra uno dei consiglieri comunali della mia città (Genova), l'Assessore dei Servizi funebri e me.
Come già accennato in un
altro post, alcuni mesi fa ho inoltrato una mail ad uno dei gruppi consiliari del comune di Genova per affrontare la questione cimiteriale e di intera gestione dell'iter di sepoltura, dei
bambini mai nati.
Un consigliere comunale del gruppo si è reso disponibile ad incontrarmi per capire meglio la situazione.
Al termine del nostro incontro, mi assicurò che si sarebbe fatto portavoce della questione e avrebbe fatto il possibile per ottenere modifiche quantomeno vicine a quelle da me auspicate.
I punti affrontati sono stati alcuni:
- la necessità di ricevere una corretta e completa informazione da parte della struttura sanitaria, sulla possibilità di seppellire i bambini mai nati
- la necessità di collocare le salme dei bambini mai nati in un campo di pari dignità rispetto agli altri campi, impedendo così a quei genitori che scelgono di seppellire i loro bambini mai nati, di avere la sensazione che essi siano figli diversi, non meritevoli di uguale dignità, rispetto ad altri figli, nati vivi e poi deceduti, o nati morti, di un'epoca gestazionale più avanzata (almeno 28 settimane)
- la necessità di modificare il modulo di Richiesta di trasporto funebre, poiché la sua formulazione ferisce pesantemente la sensibilità dei genitori
La promessa del consigliere comunale non è stata disattesa: ha lavorato sul tema concretamente, fino a rendere possibile un incontro con l'Assessore competente e alti funzionari dei servizi coinvolti.
Così quel lunedì sono entrata nell'ufficio dell'Assessore, dove ho trovato l'Assessore stesso e tre persone (fra funzionari e tecnici con varie competenze).
Ho esposto la mia esperienza, mostrando come sia doveroso apportare quei cambiamenti auspicati.
"Ho partorito mia figlia in ospedale e nessuno degli operatori sanitari ci ha informati che avremmo potuto seppellirla.
Tornati a casa con le braccia vuote, non sapevamo dove metterla. Dopo qualche giorno, impiegato a cercare di capire cosa ci avrebbe potuto aiutare a sentirci meglio, ci è parso che ci sarebbe potuto essere utile poterle dare un posto su questa terra, per potergliene trovare uno nel nostro cuore. Così la rete ci ha illuminati sulla possibilità di seppellirla e ne abbiamo fatto richiesta all'ospedale. La struttura sanitaria non è abituata ad occuparsi di queste procedure. Loro non informano e presumibilmente nessuno mai richiede... perché nessuno sa che può farlo. Così nessuno ha saputo dirci quale fosse l'iter per questo genere di cose.
Abbiamo aspettato quasi 40 giorni per poter seppellire Elia, non ci hanno detto quali fossero le opzioni di sepoltura, ma abbiamo scoperto da soli essere due: quella privata, al costo di 1.000 euro, o quella pubblica, sostenuta economicamente dal comune, per la quale è d'obbligo apporre la firma in calce ad un modulo in cui si dichiara 'disinteresse per il feto'.
Abbiamo scelto la seconda opzione: 1.000 euro per noi non sono pochi.
Dopo gli esami di routine, nostra figlia è stata trasferita all'obitorio, da dove gli addetti del comune l'hanno prelevata e trasportata al cimitero.
Il contenitore in cui era stata messa non si adattava alla piccola bara usata in questi casi, quindi gli operatori hanno dovuto venare il coperchio della bara e fissarlo con delle viti sulle sponde, così che non scappasse via. L'hanno caricata su un furgone, non su un'auto simile a quelle delle pompe funebri, ma su un furgone grigio metallizzato, lo stesso che raccoglie i cadaveri dalle strade, il furgone della Polizia Mortuaria.
Il campo in cui è stata seppellita al cimitero è chiamato il 'campo dei fanciulli', ma non ha nulla di delicato come il nome vorrebbe far credere.
E' un campo isolato, molto lontano dall'ingresso, per raggiungerlo occorre prendere l'autobus...
Sul bordo destro del campo ci sono grandi, vecchi e arrugginiti contenitori dell'immondizia.
Per ragioni di ottimizzazione dei costi (immagino), nel campo si scava una fossa lunga quanto la sua profondità, l'abbiamo soprannominata 'trincea', perché è questo che sembra. Elia è stata messa nella parte della trincea più dignitosa possibile, poi la sua bara è stata ricoperta, lasciando il resto della lunga fossa aperto per accogliere altre piccole bare. Abbiamo posto una targa sulla tomba e un paio di oggetti che ci sono stati rubati.
Dopo Elia abbiamo avuto un'altra figlia, morta anche lei e sepolta anche lei.
Per Noah è stato un po' più complicato perché lei è morta prima delle 20 settimane, quindi l'ospedale non sapeva come gestire la sua situazione. Dopo gli esami l'hanno trasferita all'obitorio, l'hanno messa in freezer e l'hanno lasciata lì, senza dircelo. L'abbiamo scoperto noi dopo alcuni giorni, telefonando all'ospedale e chiedendo a che punto fossero le pratiche. L'ospedale ci ha impiegato diversi giorni per capire che Noah poteva e doveva essere gestita esattamente come Elia...
Giunti al cimitero con Noah, abbiamo saputo che sarebbe potuta essere sepolta nel campo dei 'fanciulli nati morti', pur non avendone il diritto, perché lei non era nata morta, ma non nata. L'umanità degli operatori è discrezionale, dunque ad un operatore più sensibile corrisponde anche un trattamento più sensibile e una conseguente deroga a consuetudini che si sanno essere poco felici...
Abbiamo scelto che Noah stesse accanto alla sorella, nonostante la terribile collocazione.
Non sono mai andata al cimitero dalle mie figlie. Ma è probabile che lo avrei fatto, se fossero in una zona del cimitero meno isolata e in un campo più dignitoso."
Alla fine del mio racconto c'è stato qualche secondo di silenzio... che ho rotto con una battuta e un sorriso.
I responsabili presenti si sono assunti impegni precisi:
- modificare la formulazione del modulo di richiesta di sepoltura
- fare il possibile affinché l'informazione dell'opportunità della sepoltura sia fornita (pur non essendo competenza comunale, poiché gli ospedali sono gestiti dalle ASL, che sono gestite dalla Regione)
- fare sì che nel tempo, via via che campi più accessibili siano liberati e in virtù della crescente diffusione della cremazione, i 'fanciulli mai nati' trovino collocazione in luogo meno degradante
I responsabili presenti (tre donne e un uomo) sono stati eccellenti, nell'ascolto, nell'educazione e nel rispetto di un dolore che forse oggi lontanamente possono immaginare, dato che qualcuno glielo ha parzialmente raccontato.
Ci vorrà tempo, si sa, le istituzioni sono lente a muoversi, ma questo tema in questo comune conta due vedette particolari: il consigliere comunale portavoce della problematica e me.
Questo intervento mi ha dato l'opportunità di avere ulteriore conferma di ciò che ormai penso in merito al fatto che l'aborto sia un tabù: l'aborto è un tabù perché nessuno (o quasi) ne parla. Dipende da noi, noi che ne abbiamo esperienza: chi meglio di noi può far sapere cosa sia meglio, peggio, utile o sbagliato?
Occorre avvicinare le persone ignare con un certo garbo e una qualche delicatezza, perché non è facile sostenere il dolore altrui, nemmeno io sono stata capace di sostenere il mio da subito, bene e senza problemi. Ci ho dovuto lavorare e lavorare parecchio per riuscire a sostenerlo.
Quindi, se vogliamo essere ascoltati e compresi, dobbiamo sforzarci di usare un linguaggio udibile e comprensibile.
Ecco, questa giornata è stata quella che di più, da quando mi occupo di aborto, mi ha lasciato la netta sensazione di avere reso consapevoli alcuni uomini e donne su cosa sia e cosa stia intorno all'aborto.
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