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Alla madre di un bimbo arcobaleno”, così titola un
articolo dell’Huffpost che mi è capitato sotto mano qualche giorno fa. I bambini arcobaleno
sono
i figli nati dopo un aborto spontaneo, dopo la nascita di un neonato morto o dopo la morte di un figlio appena nato. “
Proprio come l’arcobaleno dopo una tempesta.” Anche io sono una madre di un figlio arcobaleno, anche se non amo le definizioni.
Non amo sentirmi dire che le figlie che non ho più siano speciali,
oppure angeli, oppure stelle cadenti, meteore o qualunque altra cosa le
definisca diversamente da ciò che sono: le mie figlie. Figlie come lo sono tutti gli altri figli
che invece vivono, non meno speciali di quelle che non ne hanno avuto
l’occasione. Così non mi piace essere definita e non mi piace che si
definiscano i miei figli.
Però è vero: i figli che arrivano dopo un lutto perinatale, giungono in un contesto assai diverso da prima. Noi genitori siamo cambiati, anche i fratelli che hanno vissuto o lambito la morte lo sono.
Tuttavia
stenta a mutare tutto ciò che è a contatto con noi, perciò l’approccio
medico difficilmente tiene conto dell’apprensione e la sensibilità molto
più accentuate di prima, le persone intorno a noi evitano di tenere
conto del buio da cui veniamo e non danno peso al grande peso che
portiamo, insieme alla gioia di un nuovo, spesso agognato, arrivo.
Nell’articolo che ho letto la gioia della nuova nascita si misura col senso di colpa. Un senso di colpa che io non ho sentito, ma che so esistere ed essere di sovente imponente. Quella colpa viene da molto lontano, un po’ dalla colpa di non avere saputo far vivere, poi dalla colpa di non soffrire soltanto della perdita, ma anche gioire della nuova vita che ha occupato il ventre fino a quel momento vuoto. Infine dalla paura di dimenticare.
Si teme di dimenticare chi non c’è più, o di contribuire all'oblio
degli altri, concentrando le proprie energie sul figlio in arrivo e
distogliendole dalla sofferenza per quel figlio che non è arrivato o se
n’è andato.
Non ho avuto paura di dimenticare: in nessun modo potrei mai dimenticare il mio essere anche quelle due volte mamma! Non potrei mai dimenticare le figlie che ho custodito ben oltre la loro vita e per cui ho pianto più che gioito. Piuttosto
è la paura che ha segnato la mia maternità successiva. La paura che ad
ogni mio respiro il cuore di quel piccolo puntino nel mio ventre si
sarebbe fermato. Il puntino è cresciuto e ha invertito la tendenza che
ormai sembrava essere la costante nella nostra famiglia, ma la paura non
è cessata. Il terrore di non sapere, di non potere intervenire, di non
avere il controllo…Non si ha controllo sull’esistenza, ma raramente se
ne ha coscienza.
Il puntino è cresciuto, è nato e ha respirato la nostra aria, ma la paura non è cessata. Ci
sono voluti mesi perché riuscissi a chiamarlo per nome, tale era la
paura di sentire la mia voce pronunciare un suono che da un momento
all’altro avrei potuto udire mai più. Ci sono voluti mesi perché mi
permettessi di dormire mentre lui dormiva. Ci sono voluti mesi perché mi
accorgessi che dovevo e potevo ‘lasciarlo andare’, perché lui c’era,
c’era davvero e la mia paura non avrebbe fatto la differenza sulla
durata della sua esistenza.
Che sia il senso di colpa, oppure la paura, oppure l’inquietudine,
voi che vi apprestate a diventare madri arcobaleno, non sentitevi
strane, sappiate che sono sensazioni comuni. Parlatene, confidatevi,
cercate sostegno: non siete voi impreparate alla nuova vita che cresce
dentro di voi, è il mondo fuori da voi impreparato all’enormità che
state vivendo. Se tutte noi definissimo arcobaleno i figli giunti dopo
esperienze di perdita, ci riconosceremmo tanto numerose da sapere di non
essere affatto sole.
La strada è ancora lunga verso l’accettazione sociale della morte perinatale.
Tuttavia questa strada possiamo tracciarla solo noi, madri di figli
che non ci sono, raccontandoci e raccontando di quali e quante emozioni
sia fatto il nostro percorso.
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